PUERILI DESIDERI

“Papà, vorrei diventare subito grande”, mi dice talvolta mio figlio Richard, di sei anni. Ed io, di rimando: “Non avere fretta di crescere: essere bambini è la cosa più bella, e poi da grande non potrai più fare tutti quei giochi di adesso, non sarai più così allegro e spensierato”. E lui, fissandomi confuso: “Ma perché?” Dunque, trovandomi a corto di parole, mi sono limitato a rispondere: “Quando sarai cresciuto lo capirai; per ora pensa solo a goderti la scuola, le vacanze, i cartoni animati e tutto il resto. Per diventare grande c’è ancora tempo”.
Come spiegare a un ingenuo bambino che l’età della fanciullezza è estremamente preziosa, unica e irripetibile? Come fargli capire che da adulto, purtroppo, non crederà più alle favole, a Babbo Natale, alle fatine benevole e ai suoi super eroi preferiti? Come renderlo consapevole del fatto che, da uomo, non avrà più lo stesso candido sorriso impresso sulle labbra e la medesima nitida luce riflessa negli occhi? Come formular le frasi appropriate per dirgli che da grande perderà quello spirito e quella gioia che lo inducono a vivere così serenamente, privo di ogni timore o ansietà? Come trovar l’audacia necessaria per metterlo di fronte all’amara realtà che lo attende, fatta di ardui sacrifici, perenni rinunce e angustianti dilemmi quotidiani? Come si può arzigogolare per fargli intendere che in età adulta dovrà conoscere l’ignobile rancore, la squallida ipocrisia e l’aberrante orgoglio? Come si fa ad ammettere che, un giorno, farà i conti con infondati pregiudizi, torbidi inganni e disumana empietà?
Ebbene sì, vorrei tanto che lui e tutti i suoi coetanei rimanessero eternamente bambini, per non dover accorgersi che la vita, nella sua impareggiabile e autentica bellezza… spesso si rivela subdola e crudele!!!

ANTICHE VISIONI

Non so definir l’arcana sensazione che pervade il mio animo ogniqualvolta mi ritrovo nei pressi di uno degli antichi cortili del nostro suggestivo centro storico. E in quel medesimo istante, dominato da un inspiegabile, ancestrale impulso, sono indotto ad arrestar il mio cammino per lasciarvi vagar lo sguardo: quei vetusti cortili, delimitati da modeste casette fatiscenti (solitamente disabitate), suscitano inevitabilmente il mio interesse. Affascinato, mi diletto a scrutar intorno, concedendo libero sfogo alla mia fertile immaginazione: e mi sembra di scorgere le comari di una volta, sedute in cerchio dinanzi all’uscio, nei tardi pomeriggi estivi, affaccendate a sferruzzar alacremente, tra il faceto chiacchiericcio e qualche frivolo pettegolezzo, allietate dalle grida vivaci dei fanciulli intenti a giocar, sotto l’occhio vigile e apprensivo delle mamme.
Quei luoghi, un tempo così ameni e pieni di vita, adesso appaiono desolati, immoti e silenti… seppur continuino a palpitar di innumerevoli esperienze vissute, a trasudar soavi ricordi passati. Ed io, rapito dalle mie oniriche visioni, provo ineffabile ebbrezza nell’ascoltar quei silenzi, nel contemplar quei vuoti, incurante degli sguardi incuriositi dei passanti che mi fissano come fossi un alienato in preda al delirio.
Già, forse solo chi ha ormai perduto il senno può indulgere in simili circostanze contemplative; forse soltanto chi è avvezzo alla costante meditazione crede di poter vedere ciò che è invisibile agli occhi altrui, e di poter udire ciò che tace ad ogni orecchio. Ma poi, d’improvviso, debbo ridestarmi dal mio effimero “viaggio” attraverso i sinuosi dedali della mente… per seguitar il mio arrancare tra le tediose strade del presente!!!

FUGACI ESPERIENZE ESTIVE

E così, dopo la breve ma intensa vacanza appena trascorsa, eccomi qui, dietro la mia scrivania, a rivangar i punti salienti di quei lieti giorni vissuti all’insegna del dilettevole svago, della soave quiete e dell’amena spensieratezza. Ho avuto modo di riabbracciar amici speciali, di rincontrare gente affabile e cordiale, ho avuto l’opportunità di conoscere persone davvero straordinarie.
Rammento con piacere che, mentre me ne stavo seduto in disparte con carta e penna, intento ad abbozzar qualche frase, suscitando gli sguardi incuriositi di alcuni vacanzieri, un signore mi si è accostato con discrezione. “Scusi, ma lei è forse uno scrittore?”, mi ha domandato. A quel punto io, sorpreso, distogliendo i miei occhi dal foglio, ho risposto sorridendo: “Beh, così mi definisce qualcuno. Ma perché me lo chiede?” E lui: “E’ da un po’ che la osservo, e ho notato che spesso si guarda intorno facendo delle pause di riflessione. E poi, sa com’è, ormai lettere a mano non ne scrive più nessuno, e quindi attira un po’ l’attenzione”. Sempre più allibito da cotanto acume e perspicacia, ho annuito per confermare la sua deduzione. Il tizio dunque, confessando di sentirsi onorato di avermi conosciuto, ha preso la figlioletta per mano dicendole: “Su, andiamocene, lasciamo lavorare il poeta”!
Tale simpatico aneddoto sarà annoverato a imperitura memoria tra i miei ricordi più dolci, proprio come la nuova cerchia di conoscenze che il destino mi ha voluto elargire durante la fugace permanenza in questa suggestiva località marittima.
Ma come tutte le cose, prima o poi, volgono al termine, anche la mia vacanza estiva è presto giunta all’inesorabile declino, e così mi è toccato rivivere l’arduo istante del commiato con i numerosi compagni di avventura che si avvicendano ogni anno presso la struttura alberghiera, gli occhi lucidi dalla commozione, nell’amara consapevolezza che, forse, non ci rivedremo mai più!
Anche la vita, paradossalmente, è simile a una “vacanza”: d’altronde, siamo tutti di passaggio su questa terra; ecco perché dovremmo far tesoro del nostro effimero lasso di tempo, vivendolo intensamente, mettendoci l’anima e il cuore… affinché possiamo lasciar di noi un indimenticabile e olezzante ricordo!!!

FRAMMENTI DI NOVELLE

In questo istante mi accingo a narrarvi, in sintesi, la commovente storia del piccolo Albertino, tratta dalla mia raccolta di novelle che ho composto in età fanciullesca.
Albertino, rimasto orfano a sette anni, era stato rinchiuso in un collegio dai nonni, che non potevano accudirlo a causa dell’estrema condizione d’indigenza in cui versavano. E in quel luogo così tetro e austero, gestito dalle suore che si occupavano anche della sua istruzione, veniva spesso schernito e deriso dagli altri bambini per via del suo fisico esile e della particolare conformazione delle sue orecchie (a sventola)! E così, oltre a dover sopportare il lancinante dolore per la prematura dipartita degli amati genitori, gli toccava far i conti con le vessazioni, i soprusi e le angherie cui veniva quotidianamente sottoposto e che lo avevano emarginato!
L’unica sua vera fonte di consolazione era quella di raccogliere, durante la breve ora d’aria nel cortile dell’orfanotrofio, le piume che i piccioni o le rondini lasciavano cadere, scegliendo le più belle; poi, rincantucciato in un angolo, le scrutava intensamente odorandole estasiato: esse, appartenendo agli stormi di volatili che solcavano il cielo, lo facevano sentir più vicino ai genitori, i quali dimoravano ormai lassù, nella divina volta celeste.
E ogni notte, prima di addormentarsi, estraeva pian piano da sotto il cuscino il piccolo involucro segreto contenente le sue adorate piume, quindi le carezzava dolcemente una per una, deponendovi un casto bacio: esse compivano l’immane prodigio di fargli rievocar il soave contatto delle carezze e dei baci dispensati dai suoi defunti genitori!
Ma un giorno in cui l’arcigna Madre Superiora del collegio, scortata dal suo entourage, volle fare un’ispezione nelle varie camere, trovò quelle numerose piume accuratamente custodite; dunque, indignata e disgustata da quell’anomala, bizzarra scoperta, inflisse una rigorosa punizione corporale al povero Albertino e gli ordinò di gettarle, con le sue stesse mani, dentro il fuoco che divampava nel camino affinché non ne rimanesse più alcuna traccia! Il fanciullo, tra le lacrime e i singhiozzi, rifiutò di profanare il suo prezioso tesoro; tuttavia, udendo che fuori sibilava un vento impetuoso, aprì di scatto la finestra e, sporgendosi sul davanzale, scagliò le piume in alto gridando: “Raggiungete mamma e papà!”
Solo allora i presenti si resero conto, con gran rammarico, di cosa rappresentassero per lui quelle piume; e proprio mentre la Madre Superiora gli si stava accostando per scusarsi, il piccolo perse l’equilibrio… e precipitò giù nel vuoto!
Ebbene, quale arcano significato si cela dietro questo mio apologo?
E’ presto spiegato: talvolta, ciò che agli altri può sembrar “il niente”, per qualcuno, invece… è Tutto!!!

VOLI PINDARICI

Semmai un giorno dovessi scegliere in quale luogo poter trascorrere i rimanenti anni della mia effimera esistenza terrena, vorrei dimorar in un suggestivo Borgo Medievale.
Sì, uno di quei reconditi, solitari luoghi arroccati sulla vetta d’un sommo colle, a strapiombo sul mare, lambiti dalla perpetua brezza salmastra. Laddove le ripide e impervie salite sterrate, precluse ad ogni veicolo, consentono di giungervi solo a piedi o a cavallo… proprio come in epoche remote! Là, ove le anguste e ombrose viuzze, adornate dai ciottoli, si snodano inerpicandosi in un dedalo di vicoli e cortili, tra vetuste casette di pietra grezza dagli antichi balconcini traboccanti di variegate composizioni floreali! Laddove aleggia una magica atmosfera, pregna di quiete e silenzi, e si respira un’olezzante fragranza di muschio selvatico! In un simile luogo incantato, palpitante di storia, dove campeggia un’imponente abbazia che narra mistici avvenimenti, e in cui si erge un superbo castello che trasuda favolose leggende cavalleresche, sembra che il tempo tiranno si sia fermato, pare che ogni cosa sia rimasta sospesa a mezz’aria, per l’eternità!
E lì, arrancando lentamente tra quelle disagevoli stradine, calcando le medesime impronte lasciate dagli avi, contemplerei estasiato le imperiture vestigia degli antichi popoli medievali, udendo quasi la flebile eco delle loro voci, il ritmo cadenzato dei loro passi!
Proprio lì, immerso in quell’ambiente regale, circondato dolcemente da cotanto fascino e splendore, ogni giorno, al levar del sole nascente, mi sporgerei dalle possenti mura di cinta per scrutar l’immensità marina estendersi a perdita d’occhio, verso il lontano, indistinto orizzonte!
Ecco, dunque, il fatidico luogo in cui vorrei spiccar il mio estremo volo… e dove esalar il mio ultimo respiro!!!

TRA DOLCE SOGNO E AMARA REALTA’

Per approdar alla riflessione, talvolta basta saper cogliere ogni piccola increspatura della nostra monotona quotidianità.
La scorsa settimana, ad esempio, mi sono imbattuto in una scena che ha destato un’ineffabile emozione nel mio cuore. Era una sera di festa, e una famiglia sedeva quasi in disparte presso una panchina: si trattava di una giovane coppia con due bambine. Il padre di esse (un uomo di mia conoscenza) svolge un modesto impiego come manovale in un cantiere edilizio, ove sovente viene bistrattato dal suo datore di lavoro e dai colleghi, che non esitano ad infliggergli ogni sorta di sopruso e umiliazione, tra sarcastici commenti, parole scurrili ed espressioni boccaccesche, e non lesinano di additarlo con epiteti ingiuriosi. Ma in quell’istante, il vederlo lì, in mezzo ai propri cari, agghindato per l’occasione col suo vestito migliore, ha destato in me una compiaciuta e inspiegabile sensazione.
Ad un tratto la figlioletta più piccola, ponendosi in piedi dinanzi a lui, gli ha adagiato le gracili manine sulle guance coriacee, inaridite dal sole cocente e dalle intemperie, sussurrando con vocina soave:”Papà, tu sei il mio principe!”. E lui, per tutta risposta, rivolgendole un amorevole sorriso commosso, ha coperto le delicate manine della bimba con le proprie, così grandi e forti, deturpate dal durissimo lavoro a contatto col cemento, la calce e i mattoni, ma dalle quali traspariva tanta dignità.
Ed è stato oltremodo commovente poter vedere quel grazioso scricciolo, di fronte al possente e corpulento genitore, dar luogo a una simile manifestazione di sincero affetto filiale.
Che paradosso la vita! Considerato alla stregua di un infimo schiavo nel rude ambito lavorativo… ma ritenuto un Principe nel dolce contesto familiare!
Mi allieta immaginar quell’uomo che, rincasando dallo sfiancante lavoro nel cantiere, imbrattato di polvere, madido di sudore e demoralizzato, si rincuora nel ritrovar la sua amata famiglia che lo attende, accogliente e calorosa!
Sì, la sfera familiare, quando è unita e serena, aiuta a superar ogni avversità, contribuisce ad alleviar ogni inquietudine… perché rappresenta un Tesoro di inestimabile valore!!!

SOAVE ANGOLO DI PARADISO

E’ semplicemente un piccolo giardino comunale, situato sulla vetta più elevata del quartiere “Poggio”. Tanta gente, passandovi accanto ogni giorno, ne rimane indifferente, non degnandolo neppur d’una fugace occhiata.
Eppure, quando mi trovo nei pressi di quel luogo, mentre mi accingo a rincasare, non posso esimermi dal rallentar notevolmente la mia andatura per lasciar vagare lo sguardo intorno ad esso. E mi sembra ancora di riveder quei due giovanissimi fidanzatini che, tanti anni fa, avendo scelto quel romantico posto per i loro incontri segreti, solevano trascorrervi indimenticabili momenti, aggirandosi, mano nella mano, tra le folte siepi e le piante in fiore. Ancora mi pare di scorgerli appoggiati a quelle verdi ringhiere in ferro, mentre scrutano l’orizzonte; o seduti a cavalcioni sulle panchine di pietra, l’uno di fronte all’altra, mentre si scambiano tenere effusioni e si sussurrano liete promesse future. Poi, osservando la grigia scalinata centrale, li rivedo seduti lì, mentre lui le dedica idilliache poesie, abbozzandole sul suo diario scolastico, prezioso mentore e discreto complice del loro amore platonico; o quando lui, con libri e quaderni tra le mani, le impartisce nozioni di grammatica e di letteratura prima di avviarsi insieme a scuola, mentre lei, con lo zaino adagiato sulle gambe, annuisce e lo ascolta attentamente, fissandolo dritto negli occhi.
Dunque, seppur a malincuore, scuotendomi di dosso quei dolcissimi, nostalgici ricordi, proseguo la mia marcia, allontanandomi da quel magico luogo palpitante di soavi esperienze vissute.
Un pomeriggio, rammento, alcuni ragazzi che se ne stavano fermi a schiamazzare proprio lì, vedendomi indugiare come di consueto, mi lanciarono curiose occhiate, tra ironici commenti e qualche beffarda risata. Mi limitai a sorridere e, scuotendo il capo, senza proferir parola, me ne andai.
In fondo, a cosa sarebbe servito spiegar loro che quel modesto giardino, apparentemente frivolo e insignificante, per me è autentica poesia? Non lo avrebbero mai compreso davvero. E poi, talvolta, il silenzio è la risposta più saggia e nobile che si possa dare… a chi giudica senza conoscere la pura realtà delle cose!!!

IL DRAMMA DELL’ERA MODERNA

Più mi guardo intorno e più mi accorgo, con lancinante rammarico e amarezza, che ormai, con l’avvento del “progresso”, ci sono sempre meno labbra propense a parlare, sempre meno orecchie disposte ad ascoltare, e meno occhi inclini a contemplare. Quanto mi mancano gli ameni dialoghi, le argute battute e le sonore risate che un tempo risuonavano tra le mura domestiche, in un clima caloroso e familiare! Quanto mi manca il cadenzato ticchettio emesso dalla mia affezionata macchina da scrivere, che era ormai divenuto soave melodia per i miei sensi uditivi! Oggi, purtroppo, tutto si riduce in un gelido e assordante silenzio, imposto da display luminosi, monitor e computer! Ed io, sovente, mi ritrovo alla stregua d’un emarginato, immerso in un’opprimente solitudine, circondato da persone apatiche e assenti, che mormorano incomprensibili, inarticolate “risposte” in monosillabi, o si limitano ad annuir senza proferir alcuna parola! Talvolta mi sento isolato, recluso dentro un’asettica, tenebrosa prigione dalle solide sbarre invisibili, mentre gli altri rimangono sordi, impassibili ai miei accorati richiami, alle mie vane esortazioni!
Non c’è frustrazione più atroce e impietosa per me!
Ebbene sì, malgrado per taluni sia estremamente duro da ammettere… questo è l’esoso tributo richiesto dalla “tecnologia”!!!

LA FANCIULLESCA BONTA’

E’ una sensazione ineffabile veder crescere i propri figli, giorno dopo giorno… anche se, in cuor mio, vorrei che rimanessero sempre piccini, capaci di emozionarsi per un nonnulla, di ridere serenamente e di manifestar con limpida naturalezza i più sublimi sentimenti.
Recentemente, essendo angustiato da un insidioso mal di schiena che non mi concede tregua, inducendomi ad arrancar con andatura malferma e claudicante, mi trovavo seduto su un divano di casa, cogliendo tale occasione per studiare più del consueto. Ebbene, a un certo punto ho avvertito l’esigenza di alzarmi, per sgranchire un po’ le gambe, ma ecco che, come al solito, dei lancinanti spasmi localizzati nella zona lombare, attanagliando le mie membra, mi hanno bloccato per alcuni secondi, mentre i lineamenti del mio viso si contraevano in un ghigno di palese dolore. Ed ecco che in quel medesimo istante, mio figlio Richard, di sei anni, interrompendo i suoi giochi infantili, mi si è presentato innanzi con alacre trepidazione; quindi, con le esili braccia protese verso di me e la sua vocina rassicurante, ha detto: “Papà, ti aiuto io ad alzarti; aggrappati pure alle mie mani, così ti appoggi”!
Io, piacevolmente sorpreso da cotanta spontanea sollecitudine, nel veder quel gracile, inerme corpicino disposto a offrirsi da “supporto”, ho abbozzato un sorriso commosso. “No, stai tranquillo: posso alzarmi da solo. Se proprio avessi bisogno di aiuto, chiamerei qualcuno di loro”, ho risposto, indicandogli la sorella e il fratello (i quali non avrebbero certo esitato ad accorrere), rispettivamente di ventidue e sedici anni, che se ne stavano tacitamente assorti, ahimè, a consultar i propri “inseparabili” cellulari!
E’ ben comprensibile, dunque, la ragione del mio fervido desiderio espresso all’inizio del presente post. Sì, perché i bambini, nella loro genuina essenza, sono gli unici esseri in grado di esternar smisurato e incondizionato affetto, privi d’ogni indugio, scevri d’ogni forma di ipocrisia, senza alcun tornaconto personale, alieni da qualsivoglia rancore o inibizione! Essi, malgrado non abbiano forza fisica… possiedono un animo nobile e un cuore immenso!!!

PERPETUO RICORDO

Oggi, in questo memorabile giorno, ricorre il sesto anniversario della tua prematura, tragica dipartita, compianta e indimenticabile cognata!
E ancora ricordo nitidamente quel maledetto sabato notte in cui giunse la funesta telefonata che annunciava la terribile notizia del tuo trapasso. Ed io che, seppur sconvolto, nel cuore delle tenebre, dovetti sobbarcarmi l’ardua incombenza di recarmi in casa dei tuoi ignari genitori (irraggiungibili telefonicamente) per tentare di riferir loro… che non c’eri più! Rammento che, sovente, mi avevi elogiato per il mio eloquio forbito, per la mia spigliata favella, ma in tale mesto frangente mi ritrovai a biascicar incomprensibili monosillabi come un povero ebete, essendo senza parole… forse perché non esistono “parole” adeguate per spiegare simili cruente tragedie! Forse perché non si può accettare l’idea che una donna mansueta e remissiva come te sia stata barbaramente trucidata con sessanta micidiali fendenti per mano di colui che, ventisei anni prima, le aveva giurato eterno amor sull’altare! Da quella sacrilega ed empia mano che avrebbe dovuto proteggerti come il gioiello più raro e prezioso! Ma quell’uomo, purtroppo, ti considerava alla stregua di una sua personale “proprietà”, un semplice “oggetto” alla sua esclusiva mercé!
Non dimenticherò mai quell’insonne, interminabile notte di pianto convulso, di singhiozzi affranti, di grida strazianti e di inconsolabile dolore al pensiero che giacevi riversa al suolo in una pozza di sangue, ormai esanime, senza vita, ai piedi del tuo spietato carnefice, ancora con l’acuminata lama color porpora tra le mani! E l’amara consapevolezza della lunghissima distanza chilometrica che ci separava non faceva che alimentar ulteriormente la nostra angoscia, la nostra ineffabile frustrazione!
Il tuo dolce ricordo, tuttavia, rimarrà imperituro nella nostra memoria: mai scorderemo il tuo candido viso dagli occhi azzurri, le tue vermiglie labbra sempre atteggiate a un sereno sorriso; mai dimenticheremo il piacevole suono della tua voce, l’inebriante melodia delle tue risate, la cui eco si diffondeva nell’aria calda dell’estate, durante le tue spensierate ma fugaci vacanze in paese! E mai cancelleremo dalla nostra mente la grandezza del tuo nobile cuore, la smisurata bontà e dolcezza che facevano di te una donna davvero unica, speciale!
Sì, è proprio così che vogliamo ricordarti, con quella tua sfrenata voglia di vivere! E mi piace immaginar che adesso ci guardi da lassù, da qualche parte dell’immensa Volta Celeste, col tuo immancabile, radioso sorriso dalla smagliante dentatura impresso sul volto, adorna di una bianca veste svolazzante… mentre risplendi come la più fulgida Stella!!!