LO SPREGEVOLE RANCORE

Il rancore è quello spietato nemico che semina odio tra gli esseri umani, causando ogni sorta di male e sofferenza. E’ quell’invisibile muraglia invalicabile che tiene separate intere famiglie, vecchie amicizie, giovani coppie, sovente senza un perché. E’ quell’ambiguo vetro di ghiaccio che si pone innanzi ai nostri occhi, inducendoci a focalizzar l’attenzione sui difetti altrui (ammesso che ci siano davvero) ma a non riconoscere i nostri. E’ quel subdolo impulso che talvolta ci fa sminuir le innumerevoli buone azioni compiute nei nostri confronti ma ci spinge a inveir sulle poche mancanze subite. E’ quell’abominevole demone che ci inaridisce la coscienza, rendendoci incapaci di esternar i sentimenti scaturiti dal cuore. E’ quell’ipocrita entità che ci fa veder talune persone dietro una cattiva luce, in una dimensione negativa, facendoci ignorar i loro pregi. Il rancore, servendosi di un irrazionale orgoglio e di infondati pregiudizi, ha il diabolico potere di lasciarci intravedere una realtà distorta, di farci proferir sordide maldicenze ed emettere falsi giudizi.
E così sciupiamo i momenti più belli, unici e preziosi della nostra effimera esistenza, quelli che meritano di essere vissuti sino in fondo; rinunciamo ad aver accanto le persone più care e speciali che la vita ci offre. E nel mentre il tempo (che non concede deroghe e sconti a nessuno) avanza inesorabile, come nuvole sospinte dalla brezza, senza che ce ne avvediamo, portandosi via le migliori occasioni, le circostanze più liete, insieme a coloro che le rendono tali.
Dovremmo sempre tener in mente che simili opportunità si presentano una sola volta nella vita, che sono irripetibili, e quindi vale la pena di coglierle con slancio e gioia… perché in questo mondo nessuno è perfetto!!!

QUANDO L’APPARENZA ILLUDE

Un gioielliere, per verificare l’autenticità e il valore di ogni singola pietra, non può limitarsi a un sommario sguardo a distanza, ma ha bisogno di esaminarla minuziosamente da vicino, in ogni sua sfaccettatura, di soppesarla attentamente; e soltanto dopo averla sottoposta ad accurati controlli, alla fine, è in grado di classificarla e stabilirne la corretta caratura.
Così anche le persone non dovrebbero essere giudicate solo in base all’apparenza o a semplici, infondate deduzioni. Spesso, purtroppo, accade che un individuo venga etichettato in modo del tutto errato, magari a causa del suo aspetto esteriore, del suo modo di vestire o di qualche peculiarità fisica, da soggetti che, arrogandosi il titolo di “giudici” onniscienti, sono pronti a emettere inique sentenze, ad affibbiar nomignoli, soprannomi o appellativi poco lusinghieri.
Al mondo esistono uomini che appaiono corpulenti e vigorosi, ma dentro sono fragili ed emotivi; esistono uomini smunti ed esili, ma possiedono un animo forte e temerario; esistono persone ritenute scialbe e insignificanti, ma hanno un cuore sensibile e generoso; esistono persone avvezze a sfoggiar ricchezza ed eleganza, ma internamente sono amorfe, povere di spirito e di attrattiva; esistono soggetti dagli abiti trasandati e dimessi, ma le loro labbra proferiscono espressioni forbite e cortesi; esistono soggetti dall’aria rozza e burbera, ma che possiedono una personalità raffinata e galante; esistono individui dal piglio schivo e riservato, ma quando si aprono sanno esternar nobili sentimenti e smisurato affetto; esistono individui additati come affascinanti ed avvenenti, ma dai modi zotici e scontrosi o dall’indole arrogante e impertinente!
Ebbene, rammentiamo che non sempre una persona è ciò che sembra: talvolta una pietra, apparentemente comune, frivola e scevra di valore, può in realtà rivelarsi uno zaffiro, un rubino, uno smeraldo, una perla, un diamante, o viceversa! Ma solo coloro che sanno veder al di là della semplice apparenza, alla fine… potranno riconoscere le cose nella loro vera essenza!!!

SCRUTANDO UNA FOTO…

Chissà se a qualcuno di voi è capitato di fissare intensamente una vecchia foto del passato, senza riuscir a distoglierne lo sguardo.
Qualche giorno addietro mi sono casualmente imbattuto in una vetusta cartolina che ritraeva gli antichi portici di Pinerolo, il mio indimenticabile paese natio situato ai piedi delle Alpi piemontesi. E’ stato oltremodo emozionante ritrovarmi tra le mani quella fotografia, nitida come i ricordi che ancor oggi, dopo ormai tanti anni trascorsi, serbo in cuore. Ed io lì, immobile come un ebete, a vagheggiar quei portici con tale lacrimosa nostalgia che speravo ardentemente in un repentino prodigio, in una sorta di inspiegabile alchimia capace di catapultarmi in quel luogo, emblema della mia breve ma intensa fanciullezza.
Già, i portici, laddove trovavo inebriante refrigerio durante gli afosi meriggi estivi, ove mi rifugiavo per trovar quieto riparo dallo stillicidio della gelida pioggia invernale! Rammento che, quando giungevo a varcarne la soglia, la ferrea stretta di mano dei miei apprensivi genitori, come d’incanto, si scioglieva, lasciandomi libero di correre, imitato da mio fratello, lungo le arcate che si snodavano a perdita d’occhio, tra una miriade di negozi, bar e osterie. Poi ci fermavamo, ansimanti e infervorati, a contemplar le allettanti vetrine che esponevano meravigliosi giocattoli d’ogni foggia, puntando l’indice verso quello più ambito e decantandone le pregevoli caratteristiche.
Nel rimirar compiaciuto quella suggestiva cartolina dei portici, come rapito da una mistica, onirica visione, sono stato travolto dall’impeto dei ricordi: quasi mi sembrava di udir il pacato cicaleccio dei numerosi passanti, affaccendati nelle compere; quasi mi pareva di sentir ancora la particolare frescura che vi regnava; quasi avevo la sensazione di percepir gli aromi e le fragranze dei prodotti tipici aleggiar nell’aria, insinuandosi dolcemente nelle mie narici!
Ma perché una semplice foto, sovente, deve sortir un simile effetto su di me? Perché la mia dannata sensibilità mi induce a rimanervi assorto per un interminabile lasso di tempo senza poter esimermi dal formular pensieri deliranti?
Ed ora chiedo venia a tutti voi, per avervi propinato i miei tediosi vaneggiamenti, ma talvolta quella che a prima vista sembra una comune, frivola immagine… in realtà racchiude un significato che vale più di mille parole!!!

INCOMPRESO

Il termine “incompreso” ha un’accezione dalle molteplici sfumature, dalle svariate interpretazioni.
Essere oggetto di incomprensione, talvolta, implica non sentirsi ben accetti da coloro che quotidianamente ci circondano; è come trovarsi in un’ostile terra straniera, dove gli altri non comprendono il nostro linguaggio, la nostra cultura, e tendono a evitarci alla stregua della peste. Essere incompreso significa, a volte, udir ironiche risate ed espressioni di scherno in sordina alle nostre spalle, mettendoci alla berlina dinanzi agli sguardi altrui; significa dover convivere con una desolante solitudine, anche quando ci si trova in mezzo a tanta gente; o vivere di fitti silenzi, anche quando si è immersi nel più assordante frastuono. Essere incompreso sottende condurre una sordida esistenza da emarginati, da derelitti, da zimbelli, costretti ad arrancar a capo chino e trascinare il proprio gravoso fardello segreto; vuol dire attirar su di sé occhiate beffarde e commenti sprezzanti per via del proprio modo di essere, delle proprie scelte di vita, in netta antitesi con le stereotipate consuetudini mondane. Essere incompreso può significar imbattersi in soggetti predisposti a sciorinar ghigni sardonici dinanzi alla nostra perpetua malinconia, o a mostrar bieco cinismo di fronte alla nostra effimera allegrezza, sempre pronti a emettere scettici giudizi sulle nostre ambizioni, ad annientar la nostra autostima, a biasimar ogni singola azione compiuta e ogni parola da noi proferita; può significar fare i conti, sovente, con la frustrazione e l’angoscia scaturite da chi si ostina a considerarci alienati, fuori di senno, strampalati e bizzarri.
Ma quando un “incompreso” trova qualcuno in grado di leggere attraverso i suoi occhi, di interpretare l’arcano che alberga in fondo al suo cuore, di sondare i tortuosi meandri della sua anima e percepire le sue medesime sensazioni, allora è come se in lui si irradiassero i primi fulgidi raggi del sole nascente, che espandono luce e calore laddove prima regnavano tenebre e gelo! E il suo mondo, come d’incanto, si tinge di variopinti colori, si allieta di soavi melodie… sì, quello stesso cosmo dove una volta aleggiavano solo mesto grigiore e lugubre silenzio!!!

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PRIMA DI GIUDICARE… RIFLETTIAMO!

Non molto tempo fa, un bambino venne portato d’urgenza in ospedale per essere sottoposto a un delicato intervento chirurgico, in bilico tra la vita e la morte.
Ai genitori, in trepidante e spasmodica attesa dietro la porta della sala operatoria, venne comunicato dal personale sanitario che il loro piccino era pronto per subire la complessa operazione, ma si attendeva il cardiochirurgo, l’unico ad avere le specifiche competenze in materia, il cui mancato arrivo denotava un notevole ritardo benché fosse stato avvisato tempestivamente!
Provate a immaginare l’ansia e la frustrazione di quei due poveracci nel veder passare parecchi minuti preziosi, mentre la loro inerme creatura languiva in balia della sorte!
Quasi un’ora dopo, vedendo giungere il chirurgo, il padre e la madre del bimbo gli si avventarono contro e, col senno ottenebrato dalla disperazione, lo subissarono di minacce e improperi, accusandolo di negligenza e insensibilità. Tuttavia il medico, limitandosi a sussurrare solamente “scusate”, si fiondò all’interno della sala operatoria.
Al termine del lungo e meticoloso intervento, effettuato a cuore aperto, il cardiochirurgo, affidato il piccolo paziente alla sua numerosa equipe, uscì di gran corsa accingendosi a imboccar nuovamente le scale che conducevano all’esterno della struttura ospedaliera, senza fornire alcuna spiegazione ai due apprensivi genitori, cosa che suscitò l’ira furibonda di entrambi: la donna lo raggiunse sbraitando come un’ossessa, scagliando su di lui una sequela di epiteti ingiuriosi, e il marito di lei fu quasi sul punto di malmenarlo se non fossero intervenuti alcuni infermieri per sedare la sua collera!
Così, mentre lo “screanzato” medico si affrettava ad allontanarsi in silenzio, una dottoressa si avvicinò ai furenti coniugi dicendo loro: “State sereni: il vostro bambino adesso è fuori pericolo e presto potrà avere una vita normale. Il chirurgo che l’ha appena operato avrebbe voluto darvi personalmente tutte le informazioni in merito, ma per lui, purtroppo, è un brutto giorno: oggi ci sono i funerali di suo figlio, che è morto in un incidente! Ecco la ragione del suo ritardo. E ora è dovuto tornare in chiesa per assistere alle esequie”!
La coppia, nell’udir tali parole, come pensate abbia reagito? Come deve essersi sentita?
Ebbene, prima di inveir su una persona con simile foga, scagliando su di essa invettive e anatemi a causa di un suo apparente atteggiamento ingiusto… Suvvia, non aggiungo altro: lascio a voi ogni plausibile risposta!!!

IL LIETO ELOGIO DEDICATOMI DA UN EMINENTE PROFESSORE!

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Terminato di leggere il romanzo del barrese Salvatore Bontempo “IL PUGNALE DALL’ELSA DORATA”.
“Questo romanzo descrive la storia di due fratelli gemelli, quindi perfettamente somiglianti, anche se di ceto sociale opposto che al momento opportuno scelgono di scambiarsi le identità per poter conseguire ognuno il proprio obiettivo” Lettura avvincente, e situazioni con colpi di scena che incollano il lettore alle pagine fino alla fine. L’ambientazione e il linguaggio ben si addicono alla caratterizzazione dei personaggi.
Questi primi romanzi cavallereschi del nostro Bontempo lasciano ben sperare, facendo conoscere un provetto romanziere degno di buoni sviluppi futuri…Complimenti!

APPREZZIAMO SEMPRE LA VITA!

Circa un decennio fa, a un uomo venne diagnosticata una rara patologia, per cui non esisteva un’efficace cura in grado di debellarla, e gli furono dati pochi mesi di vita!
Costui, dinanzi a tale responso, si sentì crollare il mondo addosso, vedendo infrangersi tutti i suoi progetti per il futuro. Tuttavia, lungi dal compiere gesti estremi, decise di godersi appieno l’esiguo lasso di tempo che ormai gli rimaneva. Così rallentò notevolmente il suo febbrile ritmo lavorativo, diradando i numerosi impegni che lo tenevano continuamente lontano da casa, e si dedicò anima e corpo alla propria famiglia: rimase accanto alla giovane moglie e ai due figli, ancora in tenera età, che aveva trascurato per via del suo lavoro, intraprendendo piacevoli viaggi nelle più ambite località turistiche, partecipando attivamente a gite organizzate e a ogni forma di svago. Accantonò tutti quei “problemi” di natura materiale che in precedenza lo angustiavano e, con i familiari al proprio fianco, si concesse lunghe passeggiate in riva al mare, lasciandosi inebriare dalla brezza salmastra; fece diverse escursioni attraverso i boschi, per i tortuosi sentieri di campagna, dilettandosi nel percepir lo stormire della natura, mentre nel frattempo dialogava piacevolmente con i suoi cari.
Si dedicò, insomma, a tutte quelle attività cui aveva dovuto rinunciare, che si era sempre negato a motivo del frenetico tenore di vita condotto in passato, riscoprendone e apprezzandone il giusto valore.
Poi un giorno, dietro insistenza della moglie, si convinse a consultare un altro centro oncologico, dove gli fu annunciato che il suo insidioso male, in realtà, si sarebbe potuto eliminare con un particolare intervento chirurgico. E così infatti fu!
Quando l’equipe di quella clinica gli fece notare che era suo diritto ricevere un congruo risarcimento, se avesse querelato il medico che aveva certificato nero su bianco una simile diagnosi, togliendogli ogni possibile speranza, l’uomo non solo rifiutò categoricamente di intraprendere le vie legali contro di lui, ma rispose addirittura che avrebbe dovuto ringraziarlo: per merito suo, in fondo, aveva ritrovato la propria famiglia, imparando ad apprezzare ogni singolo giorno vissuto e a coglierne le molteplici emozioni!
Questa toccante esperienza dovrebbe rappresentar un fulgido monito per tutti noi (inclini magari a prendere tutto per scontato), rammentandoci che la vita è davvero troppo breve per essere sciupata in futili cose mondane, e vale quindi la pena far tesoro dei preziosi istanti di cui possiamo godere… senza rimandare stoltamente a un ipotetico “domani”!!!

VIAGGIANDO A RITROSO NEI RICORDI…

Ci sono gioie che, nella loro apparente semplicità, sanno regalar momenti davvero unici, indimenticabili.
Come quando, all’epoca, durante le nutrite processioni religiose di paese, mi insinuavo tra la folla che avanzava lentamente lungo le vie, solo per stringere la mano alla mia ragazza (rigorosamente accompagnata dagli ignari genitori, molto all’antica)! Come quando, in occasione di un concerto svoltosi nella lontana estate del ’90, avendo scorto la mia fidanzatina (coi suoi familiari) tra la calca di spettatori assiepati sotto il palco, mi aprii a fatica un varco per raggiungerla e, ben celati dalla fragorosa confusione che regnava intorno a noi, rimanemmo mano nella mano per tutta la durata dell’evento! Come quando, durante le vespertine passeggiate
domenicali in piazza, dopo un complice scambio di sguardi eloquenti, mi accostavo per un fugace istante a lei e, senza destar sospetti dinanzi all’autorevole presenza degli immancabili genitori, le porgevo furtivamente un bigliettino (su cui le avevo dedicato qualche romantica frase) in una mano!
Ebbene, quei particolari momenti, seppur considerati frivoli o patetici dai giovani dell’odierna generazione, in un simile delicato contesto avevano l’autentico sapore della “trasgressione”, di un’agognata “conquista”, e rappresentavano una gioia talmente intensa per me da rimaner impressi, scolpiti in modo indelebile nella mia memoria! Tuttavia, rammento che ero costretto a esultar in sordina, simulando quasi indifferenza, come se dovessi custodir un arcano segreto… forse per non suscitar l’ilarità di coloro che mi circondavano!
Un po’ come avviene oggi, quando un certo numero di persone mostra apprezzamento per le mie poesie, per i miei libri, o per le mie riflessioni, dispensandomi sinceri elogi: riconosco (con la dovuta umiltà) che i miei ardui sacrifici, tra gli studi letterari e la scrittura, sono valsi a qualcosa! La sola consapevolezza che taluni di voi (carissimi amici di Facebook) hanno la certosina pazienza e la divina bontà di spendere una parte del proprio tempo per leggere i miei post, talvolta così ridondanti e prolissi, mi riempie il cuore di ineffabile soddisfazione; e i vostri “mi piace”, evidenziati in fondo alla pagina di ciascuna mia pubblicazione, equivalgono a delle calorose strette di mano, a degli abbracci affettuosi!
E proprio come allora, quand’ero ragazzo, non oso gongolare per esternar tale infervorata gioia in presenza dei miei cari, ma preferisco custodirla tacitamente nei profondi recessi del mio animo, forse per non rischiare di apparir puerile… o forse perché essa fa parte di quelle sensazioni così intime e preziose che sarebbe superfluo manifestar con le parole!!!

LANCINANTI NOSTALGIE

Più che il “tempo”, pare sia passato un gelido uragano, che col suo spirar impetuoso e devastante ha spazzato via tutti i miei cari amici di una volta, lasciando intorno a me desolazione, vuoto e solitudine!
Che ne è stato di quei vivaci bambini, chiassosi e spensierati, che giocavano e correvano ridendo, insieme a me, per le strade polverose del mio vecchio quartiere? Adesso, scrutando quelle vie, tutto appare immoto, freddo e silente!
Che ne è stato di quei giulivi ragazzi, sereni e grintosi, che solevano menar il tempo seduti in cerchio, durante le afose serate estive, a sghignazzar narrando esilaranti aneddoti e formulando arguti indovinelli? Adesso, contemplando quei dintorni, tutto appare avvolto in un’atmosfera glaciale, lugubre e surreale!
Che ne è stato di quei baldi giovani, affiatati e intraprendenti, della storica comitiva, che allietavano le mie giornate con la loro costante presenza, coi quali rimanevo intere ore a disquisire compiaciuto di innumerevoli argomenti, o a confidarci piccoli segreti, durante le passeggiate vespertine in piazza e in occasione dei nostri frequenti giri, senza meta, in auto, sullo sfondo delle nostre canzoni preferite? Già, che ne è stato di loro, coi quali ho condiviso i miei giorni più lieti, e che sono stati al mio fianco nei momenti più tristi? Che ne è stato di quegli amici fraterni, discreti e comprensivi, sempre pronti ad ascoltar e ad elargir saggi consigli? Che ne è stato di quei preziosi e fidati compagni d’avventura, dall’indole affettuosa e protettiva verso gli esseri più deboli e indifesi? Che ne è stato di quegli spassosi coetanei inclini al sorriso, propensi alle ironiche battute e agli innocui scherzi, che mi coinvolgevano in festicciole, in cene goliardiche e gite, fugando sovente i miei malinconici pensieri? Che ne è stato di coloro che consideravo i miei fratelli, sempre pronti a sostenermi e a gioir con me, che colmavano un lunghissimo tavolo in occasione del mio memorabile banchetto nuziale, tra risate, applausi e ovazioni?
Quel maledetto, gelido uragano chiamato “tempo”, col suo inesorabile e irreversibile avanzar, li ha travolti sospingendoli lontano da me! Ed ecco cosa rimane oggi della nostra solida e vigorosa amicizia di quegli anni: uno stentato e frettoloso saluto quando ci incrociamo per la strada… e a volte nemmeno quello!
Proprio come nel sontuoso palcoscenico di un prestigioso teatro, laddove un tempo si svolgevano meravigliosi spettacoli, in un profluvio di luci colorate, musiche, canti e balli, alla fine si chiude il sipario… lasciando solo un nostalgico, tenero ricordo!!!


IL MONDO DEI FANCIULLI

I bambini, nella loro spontanea, candida ingenuità, non smettono mai di insegnare, di stupire. Ne ho avuto l’ennesima conferma nel veder mio figlio Richard, di sei anni, abbozzar alcune goffe parole sulla sua lavagnetta: quando gli ho chiesto cosa stesse facendo, lui mi ha risposto: “Sto scrivendo delle medicine per la mamma, che oggi si sente male, e per tutte le persone ammalate”! Ed io, accennando un sorriso compiaciuto, ho esclamato: “Ah, bravo! Ma i farmaci non basta solo prescriverli, ci vogliono anche i soldi per comprarli. Chi li pagherà?” Ma il piccino, dopo aver riflettuto un breve istante, è approdato a questa soluzione: “Li pago io, con i soldini del mio salvadanaio, così tutti potranno guarire”, ha risposto con una naturalezza disarmante!
Incapace di proferir ulteriore parola dinanzi a cotanta angelica bontà, commosso, ho manifestato tacitamente la mia ineffabile ammirazione carezzandogli la bionda testolina riccioluta.
Ebbene, se il mondo intero coltivasse solo un’esigua parte dei nobili sentimenti scaturiti dal tenero e limpido cuore dei bambini… il genere umano vivrebbe in una sorta di paradiso!!!