IL DRAMMA DELL’ERA MODERNA

Più mi guardo intorno e più mi accorgo, con lancinante rammarico e amarezza, che ormai, con l’avvento del “progresso”, ci sono sempre meno labbra propense a parlare, sempre meno orecchie disposte ad ascoltare, e meno occhi inclini a contemplare. Quanto mi mancano gli ameni dialoghi, le argute battute e le sonore risate che un tempo risuonavano tra le mura domestiche, in un clima caloroso e familiare! Quanto mi manca il cadenzato ticchettio emesso dalla mia affezionata macchina da scrivere, che era ormai divenuto soave melodia per i miei sensi uditivi! Oggi, purtroppo, tutto si riduce in un gelido e assordante silenzio, imposto da display luminosi, monitor e computer! Ed io, sovente, mi ritrovo alla stregua d’un emarginato, immerso in un’opprimente solitudine, circondato da persone apatiche e assenti, che mormorano incomprensibili, inarticolate “risposte” in monosillabi, o si limitano ad annuir senza proferir alcuna parola! Talvolta mi sento isolato, recluso dentro un’asettica, tenebrosa prigione dalle solide sbarre invisibili, mentre gli altri rimangono sordi, impassibili ai miei accorati richiami, alle mie vane esortazioni!
Non c’è frustrazione più atroce e impietosa per me!
Ebbene sì, malgrado per taluni sia estremamente duro da ammettere… questo è l’esoso tributo richiesto dalla “tecnologia”!!!

LA FANCIULLESCA BONTA’

E’ una sensazione ineffabile veder crescere i propri figli, giorno dopo giorno… anche se, in cuor mio, vorrei che rimanessero sempre piccini, capaci di emozionarsi per un nonnulla, di ridere serenamente e di manifestar con limpida naturalezza i più sublimi sentimenti.
Recentemente, essendo angustiato da un insidioso mal di schiena che non mi concede tregua, inducendomi ad arrancar con andatura malferma e claudicante, mi trovavo seduto su un divano di casa, cogliendo tale occasione per studiare più del consueto. Ebbene, a un certo punto ho avvertito l’esigenza di alzarmi, per sgranchire un po’ le gambe, ma ecco che, come al solito, dei lancinanti spasmi localizzati nella zona lombare, attanagliando le mie membra, mi hanno bloccato per alcuni secondi, mentre i lineamenti del mio viso si contraevano in un ghigno di palese dolore. Ed ecco che in quel medesimo istante, mio figlio Richard, di sei anni, interrompendo i suoi giochi infantili, mi si è presentato innanzi con alacre trepidazione; quindi, con le esili braccia protese verso di me e la sua vocina rassicurante, ha detto: “Papà, ti aiuto io ad alzarti; aggrappati pure alle mie mani, così ti appoggi”!
Io, piacevolmente sorpreso da cotanta spontanea sollecitudine, nel veder quel gracile, inerme corpicino disposto a offrirsi da “supporto”, ho abbozzato un sorriso commosso. “No, stai tranquillo: posso alzarmi da solo. Se proprio avessi bisogno di aiuto, chiamerei qualcuno di loro”, ho risposto, indicandogli la sorella e il fratello (i quali non avrebbero certo esitato ad accorrere), rispettivamente di ventidue e sedici anni, che se ne stavano tacitamente assorti, ahimè, a consultar i propri “inseparabili” cellulari!
E’ ben comprensibile, dunque, la ragione del mio fervido desiderio espresso all’inizio del presente post. Sì, perché i bambini, nella loro genuina essenza, sono gli unici esseri in grado di esternar smisurato e incondizionato affetto, privi d’ogni indugio, scevri d’ogni forma di ipocrisia, senza alcun tornaconto personale, alieni da qualsivoglia rancore o inibizione! Essi, malgrado non abbiano forza fisica… possiedono un animo nobile e un cuore immenso!!!

PERPETUO RICORDO

Oggi, in questo memorabile giorno, ricorre il sesto anniversario della tua prematura, tragica dipartita, compianta e indimenticabile cognata!
E ancora ricordo nitidamente quel maledetto sabato notte in cui giunse la funesta telefonata che annunciava la terribile notizia del tuo trapasso. Ed io che, seppur sconvolto, nel cuore delle tenebre, dovetti sobbarcarmi l’ardua incombenza di recarmi in casa dei tuoi ignari genitori (irraggiungibili telefonicamente) per tentare di riferir loro… che non c’eri più! Rammento che, sovente, mi avevi elogiato per il mio eloquio forbito, per la mia spigliata favella, ma in tale mesto frangente mi ritrovai a biascicar incomprensibili monosillabi come un povero ebete, essendo senza parole… forse perché non esistono “parole” adeguate per spiegare simili cruente tragedie! Forse perché non si può accettare l’idea che una donna mansueta e remissiva come te sia stata barbaramente trucidata con sessanta micidiali fendenti per mano di colui che, ventisei anni prima, le aveva giurato eterno amor sull’altare! Da quella sacrilega ed empia mano che avrebbe dovuto proteggerti come il gioiello più raro e prezioso! Ma quell’uomo, purtroppo, ti considerava alla stregua di una sua personale “proprietà”, un semplice “oggetto” alla sua esclusiva mercé!
Non dimenticherò mai quell’insonne, interminabile notte di pianto convulso, di singhiozzi affranti, di grida strazianti e di inconsolabile dolore al pensiero che giacevi riversa al suolo in una pozza di sangue, ormai esanime, senza vita, ai piedi del tuo spietato carnefice, ancora con l’acuminata lama color porpora tra le mani! E l’amara consapevolezza della lunghissima distanza chilometrica che ci separava non faceva che alimentar ulteriormente la nostra angoscia, la nostra ineffabile frustrazione!
Il tuo dolce ricordo, tuttavia, rimarrà imperituro nella nostra memoria: mai scorderemo il tuo candido viso dagli occhi azzurri, le tue vermiglie labbra sempre atteggiate a un sereno sorriso; mai dimenticheremo il piacevole suono della tua voce, l’inebriante melodia delle tue risate, la cui eco si diffondeva nell’aria calda dell’estate, durante le tue spensierate ma fugaci vacanze in paese! E mai cancelleremo dalla nostra mente la grandezza del tuo nobile cuore, la smisurata bontà e dolcezza che facevano di te una donna davvero unica, speciale!
Sì, è proprio così che vogliamo ricordarti, con quella tua sfrenata voglia di vivere! E mi piace immaginar che adesso ci guardi da lassù, da qualche parte dell’immensa Volta Celeste, col tuo immancabile, radioso sorriso dalla smagliante dentatura impresso sul volto, adorna di una bianca veste svolazzante… mentre risplendi come la più fulgida Stella!!!

ERRANDO TRA I MEANDRI DEL PENSIERO

E così anche questa giornata volge al termine. Scrutando con mestizia il buio firmamento, al di là delle imposte del mio studio, non posso far a meno di paragonar ogni singolo giorno al ciclo dell’esistenza umana che, dopo l’alba e il tramonto, giunge infine alle soglie della notte… all’inesorabile declino della vita!
“Non lasciar mai passare un solo giorno senza aver compiuto almeno una buona azione verso qualcuno”, mi rammentava spesso una delle mie maestre, quand’ero fanciullino. E ancor oggi la sua voce così saggia e suadente, dopo un lungo lasso di tempo ormai intercorso, mi riecheggia di continuo nella memoria, inducendomi a riflettere circa il senso della nostra presenza al mondo. E proprio come gli errori, le mancanze o le omissioni a cui si possa indulgere durante quelle fugaci ventiquattr’ore, anche nel corso della breve vita, talvolta, succede di infliggere angosce, delusioni o sofferenze ad altri, di cui magari, col senno di poi, ci si pente con lancinante rammarico e amarezza, nello spasmodico desiderio di poter tornare indietro per far ammenda. Purtroppo, a prescindere da qualunque nefandezza compiuta, non ci è concesso andar a ritroso nel tempo, quindi non rimane altro da far che consolarsi con le buone azioni, piccoli o grandi gesti d’altruismo e qualche opera pia. Sì, perché un giorno, reduci dal nostro effimero cammino terreno, ognuno di noi dovrà rendere conto della propria condotta manifestata durante quell’unica e irripetibile “giornata”, dai primi albori dell’aurora fino all’oscura luce del crepuscolo, ce ne verrà forse chiesta la ragione e dovremo rispondere, prima d’essere giudicati.
Certo, dopo aver varcato l’estrema soglia della vita, l’essere umano svanisce da ogni angolo della Terra, fluttuando in chissà quale arcano luogo Celeste, ma solo se avrà saputo conquistar il cuore e la benevolenza altrui con le proprie virtù… lascerà l’unica parte di sé che non perirà mai e che vivrà scolpita in eterno: il suo dolce e nostalgico ricordo!!!

LA BUONA CREANZA

Chissà quante volte mi sarà capitato, trovandomi in fila all’interno dell’ufficio postale, di assistere a scene indecorose da parte di utenti che inveivano ad alta voce l’un contro l’altro, con espressioni boccaccesche, per via del turno! Chissà quante volte mi sarà capitato di veder persone scagliarsi epiteti ingiuriosi a vicenda, accompagnati da gesti inconsulti ed esplicite minacce, solo per un parcheggio conteso, o a motivo di una precedenza non rispettata! Chissà quante volte mi sarà capitato, trovandomi in un’affollata sala d’attesa, di veder giovani uomini rimaner comodamente seduti, con piglio impassibile, senza cedere il posto a donne o anziani! Chissà quante volte mi sarà capitato di veder soggetti far ingresso nei vari esercizi commerciali, senza nemmeno prendersi la briga di salutar i presenti, di rispettar la fila o di ringraziar prima di congedarsi (come impone la buona creanza)!
Ebbene sì, al giorno d’oggi, pare che l’educazione, il rispetto altrui e le buone maniere siano ormai in via d’estinzione, un’autentica rarità. Nell’immaginario collettivo dell’epoca moderna sembra proprio che le persone ammodo, dal tono pacato e dall’indole cortese siano ormai (a torto o a ragione) una chimera, qualcosa di tramontato, “gente d’altri tempi”… a tal punto che, quei pochi “esemplari” ancora esistenti, vengono scrutati dall’alto in basso e giudicati addirittura “strani” da taluni, suscitando palese curiosità e persino qualche commento ironico, tra l’ilarità generale!
Talvolta mi chiedo, rammaricato, che fine abbiano fatto i valori etici e morali d’un tempo: che ne è stato della galanteria nei confronti del gentil sesso? Che ne è stato del riverente timore dinanzi all’autorità dei genitori o degli insegnanti? Che ne è stato del profondo rispetto nutrito per i più anziani o per gli estranei? Che ne è stato delle semplici e basilari norme di comportamento a cui attenersi scrupolosamente nel contesto privato, scolastico e sociale?
Ormai in questa nostra degradata società, così assuefatta dal progresso, oberata dalla tecnologia e quasi del tutto scevra di ogni contatto umano, purtroppo, è diventato usuale, consueto, addirittura “normale” assumere determinati atteggiamenti, emblema di cinismo e indifferenza, ignorando che solo le nobili virtù, insite in quei “rari” soggetti menzionati… rappresentano la vera Ricchezza umana e spirituale!!!

DOLCE ED EFFIMERA VACANZA

Era l’estate del 2000 quando, durante una breve vacanza, ebbi l’occasione di riveder per l’ultima volta Pinerolo, il mio adorato paese natio. E in tale amena circostanza, dilettandomi a visitar i luoghi caratteristici d’un tempo, emblema della mia lieta infanzia, mi feci condurre dinanzi alla mia scuola elementare “Collodi”, albore dello scibile, ubicata in viale Kennedy, laddove sono custoditi i miei ricordi più dolci.
Dopo vent’anni di assenza, rimasi piacevolmente sorpreso nel constatare che all’esterno appariva tutto immutato come allora: l’ampia scalinata d’ingresso, dalle robuste inferriate; il piccolo muretto ove noi scolari, di buon mattino, sedevamo a cavalcioni in attesa di udir il trillo della campana; il vasto giardino dal verde prato, che si estendeva al di là delle siepi, con le ondeggianti collinette adorne di frondosi alberi, attorno ai quali giocavamo spensierati durante le giornate di sole.
Nel contemplar il grande portone principale dell’edificio, un irrefrenabile impulso mi spingeva a varcarne le soglie: sentivo il lancinante desiderio di incamminarmi per quei lunghi corridoi tirati a lustro, che percorrevamo ordinatamente in fila; di entrar nelle spaziose aule, illuminate dalle grandi imposte in vetro; di rimirar l’imponente biblioteca, dove ogni giorno attingevamo i volumi per le nostre rigorose letture; di scendere nel vasto seminterrato, per inoltrarmi nella prestigiosa sala teatro, riservata ai corsi di danza, musica e recitazione; per rivisitar gli attrezzati laboratori, destinati ai corsi di scienze, pittura e falegnameria; per addentrarmi nell’immensa palestra, che da bambino scrutavo incantato, a bocca aperta; e infine per poter aggirarmi intorno al vastissimo refettorio, ove all’epoca (erano gli anni ’70), comodamente seduti a lunghi tavoli ben imbanditi, gustavamo il pranzo della mensa scolastica, inebriati dagli olezzanti aromi delle deliziose pietanze, che aleggiavano nell’aria, tra il fragoroso tintinnio di piatti, posate e bicchieri, maneggiati dai nostri abili cuochi e inservienti.
Eppure, trattenuto dal mio proverbiale contegno, soggiogato dalla mia dannata timidezza… non osai entrare, rinunciando, mio malgrado, ad avventurarmi in quella magica dimensione! Così, dopo aver lasciato vagare un ultimo sguardo nostalgico, in balia di sensazioni contrastanti, volsi le spalle e me ne andai… senza aver più l’opportunità di ritornarvi!
Col senno di poi, contorcendomi le membra rammaricato, al mesto pensiero di non aver avuto l’ardire d’oltrepassar quell’agognata, allettante soglia, ho imparato una preziosa lezione: innanzi a simili contingenze che la vita ci offre… bisogna saper osare!!!

ELUCUBRAZIONI QUOTIDIANE

Provate ad immaginar un transatlantico, gremito di persone, solcar le immense acque dell’oceano. All’interno di tale possente nave c’è il settore della prima classe, riservato agli illustri esponenti dell’alta borghesia, della politica e della nobiltà: essi viaggiano circondati dal lusso più sfarzoso, comodamente seduti a disquisire in vastissime sale, tra preziose argenterie, bicchieri di Champagne, sigari e pregevoli vini, deliziati da orchestre, spettacoli e lauti banchetti, sfoggiando corruschi gioielli e pregiati capi d’abbigliamento, con quell’immancabile aria di sussiego e alterigia, immersi nel tedioso cicaleccio dei loro futili pettegolezzi.
Poi c’è la seconda classe, assegnata al ceto medio della società, ai piccoli imprenditori e commercianti: essi trascorrono la lunga traversata dentro un ambiente ampio e confortevole, dotato di graziosi complementi d’arredo, tra goliardiche cene, leggiadre danze e soave musica.
Infine c’è la terza classe, destinata alla parte più infima e umile del popolo, agli operai, a quella categoria denominata “plebe”: essi affrontano la navigazione confinati nei loro angusti spazi, relegati in modesti alloggi dalla mobilia di mediocre qualità, tra serate conviviali, partite a carte e vivaci balletti.
Eppure, le tre tipologie di persone menzionate, nonostante l’abissale divario sociale ed economico che le distingue, si trovano tutte a bordo dello stesso scafo, si muovono sulla medesima rotta, perseguono una meta comune, sono dirette verso un’unica destinazione!
Così, dunque, è il naturale ciclo della vita, qui simboleggiata dall’oceano: il tempo (raffigurato dal transatlantico) avanza inesorabile per tutti gli esseri umani, che, dal momento della nascita (la partenza), vanno inevitabilmente incontro alla fase dell’età adulta, per poi giungere alla vecchiaia e approdar infine alla morte (destinazione)!
Orbene, in virtù del “tragitto” esistenziale che tutti noi ci accingiamo a compiere, proiettati verso il nostro comune “obiettivo”… dovremmo coltivar il raro dono della fratellanza!!!

RIEVOCANDO SERGIO

C’è un vecchio ricordo che talvolta riaffiora in me, insinuandosi nei profondi recessi della mia memoria, ancora ben nitido, per nulla scalfito dall’inesorabile avanzar del tempo.
All’epoca in cui frequentavo la terza elementare, nel mio paese natio, fu organizzata una gita per visitare il prestigioso Museo Egizio di Torino, cosa che suscitò la gioia e l’entusiasmo di tutti noi fanciulli.
E in vista di tale lieto avvenimento, un pomeriggio furono convocati in classe i nostri rispettivi genitori, affinché gli insegnanti potessero illustrar loro il programma e le relative spese da sostenere.
Rammento che tra essi c’era la madre di Sergio, un mio carissimo compagno dall’incarnato avorio, i grandi occhi color ossidiana e una zazzera di folti capelli corvini che teneva sovente scompigliati. Lui, a motivo del consueto abbigliamento sciatto che indossava, dei suoi indumenti modesti e dimessi, veniva spesso deriso dagli altri compagni, i quali non gli lesinavano espressioni di scherno e beffardi commenti… ma non se ne curava affatto, limitandosi a scrollar le spalle con un candido sorriso impresso sulle labbra vermiglie!
Ebbene, durante quella riunione, la mamma di Sergio annunciò alle maestre, con evidente rammarico, che il figliolo non avrebbe potuto prendere parte all’annuale gita scolastica; ed esse, dunque, colsero l’occasione per chiedere alla donna la ragione per cui il ragazzino non partecipava mai a simili eventi istruttivi. Lei, dopo una breve esitazione, che denotava in modo tangibile l’imbarazzo di tale momento, eruppe in lacrime, spiegando, con la voce incrinata dai singhiozzi, che non aveva la possibilità economica per accontentare il figlio! Venne fuori che era rimasta vedova da qualche anno e, avendo un’altra bambina più piccola da accudire, svolgeva qualche lavoretto saltuario per riuscir a sbarcar il lunario!
Ancor mi sovvengo, dilaniato da una lancinante mestizia, che Sergio, nel vedere la madre con le lacrime agli occhi, le si accostò per consolarla: “Non piangere, mamma, e non preoccuparti per me! Tanto io non ci voglio andare a quella gita: resto a casa con te e la sorellina… così non rimarrete sole”, sussurrò in tono suadente e protettivo, quasi a voler fare le veci del padre scomparso!
Nell’aula ci fu qualche istante di rispettoso silenzio da parte di tutti i presenti, visibilmente commossi. Ma subito, data la particolare circostanza, i genitori e le maestre vollero contribuire per racimolar la somma necessaria, onde evitar che il mio sfortunato compagno rimanesse in casa!
E ancor rimembro, con un nodo in gola, il sorriso raggiante di Sergio, quando comprese che avrebbe avuto il privilegio di unirsi a tutti noi!
Lui era Sergio, un fanciullino semplice, buono e assennato, oggetto di abominevoli pregiudizi, uno di quei Bambini che le asperità e le traversie di questa subdola, crudele vita hanno costretto a crescere fin troppo in fretta… facendoli maturar prima del tempo!!!

IL VALORE DELLA PERSEVERANZA

La perseveranza, quando mira a conseguir nobili obiettivi, è una delle più sagge virtù che l’essere umano possa coltivar.
Essa, alimentata dal fervido desiderio di approdar a una meta, temprata da una ferrea volontà, prima o poi, sortirà l’effetto sperato e darà i suoi buoni frutti.
E nei miei erranti pensieri assurge il lontano ricordo, mai sopito, della mia lieta fanciullezza, di quando mi accingevo, estasiato, ad abbozzar su quegli immacolati fogli le mie puerili novelle, le salmodianti filastrocche, i fantasiosi voli pindarici, i frivoli poemetti, laddove i miei arditi sogni e le mie fatue chimere si materializzavano, come per incanto, in soave realtà.
Erano le mie prime esperienze di modesto narratore.
Ed io, incurante degli sprezzanti e ironici giudizi altrui, che mi additavano coi più svariati appellativi, seguitavo imperterrito a far scorrere la penna sulla carta, alla stregua d’un fiume in piena, plasmando i miei eroici personaggi.
Quante volte me ne stavo tacitamente assorto per intere ore dinanzi ai gremiti scaffali delle edicole, passando in rassegna con lo sguardo, ammirato, i titoli degli innumerevoli volumi esposti!
Quante volte, non avendo sufficiente disponibilità finanziaria, ma tanta smaniosa voglia di leggere, mi incamminavo per il lungo tragitto che conduceva alla biblioteca comunale, dove, aggirandomi compiaciuto tra una caterva di celebri romanzi, ne noleggiavo qualcuno per divorarlo con famelica bramosia!
Quante volte, reduce da ponderosi studi autodidattici ed estenuanti letture, mi capitava di addormentarmi, lasciando cader la testa su libri e quaderni, ormai prostrato dall’eccessiva stanchezza!
Quante volte, durante la mia perenne attività letteraria (che implica un notevole dispendio di tempo ed energie), tra dissertazioni filosofiche, ardui quesiti grammaticali e minuziose ricerche semantiche, mi son sentito dire da amici e familiari “chi te lo fa fare?”!
Ma è proprio a motivo della mia immutata costanza che oggi, seppur ancor ignorato e poco apprezzato da molti, ho l’ineffabile privilegio di poter vedere i miei adorati libri, frutto di immani sacrifici e certosino lavoro notturno, annoverati tra gli altri volumi, esposti in quegli stessi scaffali che da ragazzino… contemplavo a bocca aperta!!!

INEFFABILI GIOIE

Sono lieto di comunicarvi che i miei quattro romanzi cavallereschi, oltre ad essere ordinabili su Amazon, da oggi sono disponibili anche presso le librerie di Barrafranca, i cui titolari mi hanno gentilmente concesso di esporli al pubblico!
Mi preme ribadire che non cerco la notorietà, né tanto meno perseguo intenti lucrativi: il mio precipuo obiettivo è solo quello di poter divulgare il frutto scaturito dall’onirica fantasia che da sempre mi accompagna. Ecco la ragione per cui spero ardentemente che essi vengano letti da una vasta cerchia di appassionati. Durante la stesura di ogni singolo libro, estraniandomi dalla realtà, ho intrapreso un lungo e affascinante viaggio a ritroso nel tempo plasmando avvenenti dame, impavidi cavalieri, aitanti gentiluomini, umili persone del popolo dall’animo nobile e dal cuore puro; mi sono inebriato nel descrivere, con dovizia di particolari, le avventurose vicende degli eroici protagonisti menzionati, tra insidiosi duelli, subdoli tradimenti, romantico sentimentalismo e clamorosi colpi di scena.
Ma tutto ciò ha implicato, inevitabilmente, un notevole dispendio di tempo, energie, fertile immaginazione e pazienza certosina, ritrovandomi talvolta a dover pagare l’oneroso tributo di emicranie e notti insonni nello spasmodico tentativo di crear il giusto intreccio nelle avvincenti trame narrate.
Tuttavia è stata fonte di estremo piacere la vergatura di tali opere letterarie, immedesimandomi a tal punto nei personaggi da emozionarmi, commuovermi e infervorarmi insieme ad essi, come se avessi realmente vissuto in mezzo a loro!
Ed è proprio quello che auguro a chiunque volesse cimentarsi in tale intrigante percorso di lettura, svelato pagina dopo pagina, capitolo dopo capitolo, con un ritmo fluido e cadenzato!
Il prossimo anno spero di presentarvi il mio quinto libro (un’autobiografia), già ultimato ma da sottoporre ad alcune modifiche, e il mio sesto romanzo (di genere contemporaneo), ancora in fase di elaborazione.
Adesso, con la debita umiltà, auspico davvero che le mie opere, esposte nel circuito telematico e all’interno delle librerie locali, possano destare qualche interesse e magari, chissà, riscuotere un po’ di apprezzamento, trasmettendo quegli ideali che al giorno d’oggi si sono quasi del tutto perduti.
Ma, comunque vada il corso degli gli eventi, una cosa è sicura: non smetterò mai di scrivere!!!